Aria più pulita per le restrizioni anti-Covid? Ecco i dati delle Arpa
Le percezioni degli italiani sono quasi unanimi: per effetto del lockdown, l’aria delle città è diventata più respirabile. Occorre chiedersi se questa impressione trovi conferma nelle valutazioni degli esperti che si occupano del monitoraggio della qualità dell’aria in Italia. Parliamo, innanzitutto, dei tecnici del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, composto dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dalle Agenzie di protezione ambientale di Regioni e Province autonome (Arpa/Appa).
Fin da quando le restrizioni anti-Covid19 erano ristrette a pochi comuni lombardi e veneti, tra fine febbraio e inizio marzo, i media hanno iniziato a chiedersi se la riduzione del traffico stesse abbattendo in quelle aree le concentrazioni di inquinanti atmosferici. Tant’è che Arpa Lombardia il 13 marzo ha diffuso una prima nota per scoraggiare analisi troppo semplicistiche. Troppo presto per trarre conclusioni, scrivevano i tecnici dell’agenzia lombarda: bisogna tenere presenti le varie fonti di emissioni, che oltre al traffico veicolare comprendono i riscaldamenti domestici e le attività industriali (e non solo), e inoltre considerare l’intervento delle condizioni meteo, che possono favorire – o al contrario ostacolare – la dispersione degli inquinanti. Bisogna inoltre ricordare che solo a partire dall’11 marzo il governo ha esteso a tutto il Paese le restrizioni agli spostamenti.
Meno biossido di azoto nell’area padana
Pochi giorni dopo il comunicato di Arpa Lombardia, Copernicus-Cams, il servizio di monitoraggio dell’atmosfera promosso dalla Commissione europea, ha diffuso una nota in cui per la prima volta si conferma l’ipotesi di una riduzione dell’inquinamento atmosferico in Italia per effetto del lockdown. Copernicus ha riscontrato, in particolare, una diminuzione delle concentrazioni di biossido di azoto nell’area padana.
Il 23 marzo arriva una prima analisi fornita dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, che confronta i dati Copernicus con quelli raccolti sul territorio dalle Arpa del Nord Italia, in particolare quelle di Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia. «Si riduce in maniera significativa uno dei principali inquinanti dell’atmosfera, il biossido di azoto, a seguito delle misure introdotte dal governo per l’emergenza coronavirus», conferma il comunicato Snpa.
Difficile valutare la risposta del PM10
Dunque gli effetti del lockdown sulla qualità dell’aria sono in un certo senso misurabili. Ma attenzione: le conseguenze delle restrizioni non sono identiche per tutti gli inquinanti e in particolare appare complessa la risposta di una categoria di inquinanti di cui si parla spesso, cioè le polveri sottili. E’ una risposta complessa, anche perché non tutto il particolato presente in atmosfera proviene direttamente dalle emissioni di traffico, riscaldamenti e industrie; in larga parte è invece prodotto dalla trasformazione di altri inquinanti già presenti in atmosfera. «La comprensione degli effetti sulla qualità dell’aria di emissioni ridotte richiede numerosi approfondimenti», puntualizza perciò il documento Snpa.
Vediamo ad esempio cosa scrive Arpa Campania in una relazione datata 27 marzo: «le concentrazioni di PM10 basse», spiega l’agenzia ambientale campana, «misurate tra la fine di febbraio e la prima metà di marzo», quando le misure restrittive non potevano ancora aver dispiegato i propri effetti in questa regione, «sono controllate dai fattori meteo. Invece anche nel pieno delle misure restrittive, in presenza di condizioni meteo poco dispersive, si sono registrati giorni con concentrazioni elevate di PM10», addirittura con sforamenti del limite di legge nonostante le strade deserte.
Livelli elevati di polveri sottili sono stati rilevati in Italia a metà mese, quando le misure restrittive erano già in vigore da diversi giorni. Lo sottolinea Arpa Piemonte in un comunicato diffuso il primo aprile. Dal 16 al 19 marzo, su tutta la regione si è registrato un aumento delle concentrazioni, che si sono portate su valori superiori non solo alla media del periodo, ma, in alcuni casi anche ai massimi, con superamenti dei limiti di legge in diverse città.
Con stupore di molti, le concentrazioni di PM10 hanno superato in modo consistente i limiti di legge anche a fine marzo, soprattutto nelle regioni del Nord-Est adriatico, dopo almeno due settimane dall’inizio del lockdown. Cosa è successo? Correnti provenienti da est – spiegano gli esperti – hanno trasportato masse di polveri di provenienza asiatica. Un fenomeno riscontrato da diverse agenzie regionali, che viene spiegato sul sito del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente.
I livelli di polveri sottili, oltre che del meteo, risentono sensibilmente di una particolare fonte di emissioni, i riscaldamenti civili. Lo fa notare l’Arpa Veneto in un comunicato dello scorso 24 marzo. Questo tipo di emissioni – fa notare Arpav – potrebbero addirittura essere aumentate per effetto del lockdown, perché (banalmente) le persone passano più tempo a casa. Insomma, se gli effetti delle misure anti-Covid sono palesi su inquinanti quali gli ossidi di azoto, la valutazione è più complessa per quanto riguarda le polveri sottili.
In Campania cala il monossido di azoto
Nella relazione che abbiamo già citato, l’Arpa Campania in realtà restringe il campo ulteriormente, concludendo che «l’unico parametro che ad oggi risulta fortemente influenzato dalle restrizioni agli spostamenti è il monossido di azoto con una riduzione di oltre il 50% difficilmente ascrivibile a cause diverse dalla riduzione delle emissioni da traffico veicolare». Se i dati relativi al monossido di azoto mostrano una marcata diminuzione in Campania dopo l’adozione dei provvedimenti restrittivi, per quanto riguarda il biossido di azoto la situazione è meno evidente, in quanto la diminuzione, riscontrata già a partire da fine febbraio, è associata al cambiamento delle condizioni meteo.
Anche l’Arpa Veneto sottolinea che il monossido di azoto è un tipico tracciante delle emissioni dei veicoli e non risente molto, a scala locale, della variabilità meteo. «Analizzando nelle stazioni da traffico della Pianura Veneta», spiega nella nota del 24 marzo l’agenzia, «i livelli di questo inquinante hanno avuto riduzioni molto significative, dell’ordine del 60-80%».
Luigi Mosca