Il lockdown ha migliorato la qualità dell’aria? I dati di aprile

Il lockdown ha migliorato la qualità dell’aria? I dati di aprile

Il lockdown ha migliorato la qualità dell’aria? I dati di aprile

Anche ad aprile la qualità dell’aria nelle città italiane ha beneficiato del cosiddetto effetto lockdown: grazie al blocco di gran parte del traffico e di una parte consistente delle attività produttive, le concentrazioni di inquinanti atmosferici sono calate in diverse aree del Paese. C’è da fare però qualche distinguo: innanzitutto non tutti gli inquinanti sono calati in misura uguale, e poi, a differenza del mese di marzo, quando molte Agenzie del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente hanno fornito analisi sulla situazione dell’inquinamento atmosferico, ad aprile i documenti prodotti su questo tema sono ancora relativamente pochi, anche perché le Agenzie hanno dovuto affrontare numerosi altri aspetti “ambientali” dell’emergenza Covid.

Partiamo dalla Campania. L’Agenzia per la protezione ambientale di questa regione, a fine marzo, aveva rilevato che le concentrazioni medie giornaliere di monossido di azoto, nei cinque capoluoghi, erano calate di oltre il 50% dopo l’inizio del lockdown. Ad aprile la tendenza si è consolidata: il calo è arrivato fino all’80% in alcune città, fino al 60% invece per il biossido di azoto (inquinante che risente di più delle condizioni meteo).

Non si può dire lo stesso per le polveri sottili. A marzo l’Agenzia aveva fatto notare che l’andamento delle concentrazioni non si discostava molto da quello degli anni precedenti, perché sul particolato incidono molto le condizioni meteo e pesa poi un’importante fonte di emissioni, i riscaldamenti domestici, niente affatto fermati dal lockdown. Tuttavia ad aprile, nonostante lo stop ai riscaldamenti, la situazione non è cambiata di molto: nei cinque capoluoghi campani, non si è riscontrato un calo significativo delle concentrazioni di PM2.5 e PM10 dovuto al lockdown. Le condizioni meteo risultano insomma un fattore determinante, contribuendo spesso a trasportare polveri di origine naturale da altri territori, persino da altri continenti: è il caso delle polveri di origine asiatica arrivate in Italia a fine marzo, o di quelle di origine africana che si affacciano spesso sulla Penisola.

In Lazio l’Agenzia ambientale ha utilizzato le stazioni di monitoraggio della Capitale per provare a capire se la drastica riduzione del traffico sia riuscita ad abbattere i livelli di polveri sottili. Le stazioni interne al Grande raccordo anulare hanno effettivamente rilevato una riduzione media, nel periodo marzo-aprile 2020, delle concentrazioni di PM10, di circa il 14% rispetto ai quattro anni precedenti. Il calo delle polveri sottili è stato effettivamente riscontrato a Roma, dunque, ma si è manifestato solo a partire dalla seconda metà di aprile, dopo più di un mese dall’inizio del lockdown. Discorso diverso per il biossido di azoto, per il quale nell’arco dei due mesi i tecnici dell’Arpa Lazio calcolano una riduzione media del 56% nel territorio della Capitale.

Il discorso è per alcuni versi contrario nelle Marche, dove l’Arpa ha notato una riduzione dei livelli di polveri sottili a marzo (anche se di lieve entità) rispetto agli anni precedenti, e livelli invece “stazionari” ad aprile. Roma e le città marchigiane sono ovviamente due contesti ben diversi, ma tutti i documenti delle Arpa puntano l’attenzione sul fattore meteo e dunque le differenze da regione a regione sembrano suggerire che il lockdown ha avuto effetti sulle polveri sottili soltanto se “aiutato”, in qualche modo, dalle condizioni meteorologiche. Per quanto riguarda gli ossidi di azoto (monossido ma anche in molti casi biossido di azoto) le riduzioni sono consistenti e non risentono molto del meteo.

In Alto Adige, ad esempio, il valore medio delle concentrazioni di biossido di azoto si è più o meno dimezzato rispetto alla media dei dieci anni precedenti, mentre quello del monossido di azoto si è assestato addirittura su un terzo della media del decennio 2010-2019 (i tecnici dell’Agenzia provinciale per l’ambiente hanno preso in considerazione un periodo che va da metà marzo a metà aprile). Certo, si tratta di un territorio dove non sorgono grandi metropoli, ma non bisogna dimenticare quel “tappeto” di traffico che è l’Autostrada del Brennero. Anche in questo caso tuttavia, scrivono i tecnici dell’Appa Bolzano, i livelli di PM10 sono sostanzialmente invariati.

Andiamo infine in Umbria dove, addirittura, in un periodo che va dallo scorso 5 marzo al 19 aprile, si è riscontrato un aumento medio delle concentrazioni di PM10 e PM2.5 rispetto al 2019. Tanto che i vertici dell’Arpa Umbria hanno dichiarato che le misure di contenimento del coronavirus hanno inciso solo in parte sulla qualità dell’aria nei centri urbani della regione. Ovviamente, si tratta di centri urbani che non hanno i volumi di traffico tipici dei grandi agglomerati, eppure anche in questo caso gli effetti sugli ossidi di azoto sono riscontrabili, ad esempio in centri di medie dimensioni come Perugia, Terni e Foligno.

Luigi Mosca

 

Di seguito il grafico tratto da ARPAC, Misure anti-Covid, effetti su qualità dell’aria. I dati dei capoluoghi campani nel mese di aprile

(grafico tratto da ARPAC, Misure anti-Covid, effetti su qualità dell'aria. I dati dei capoluoghi campani nel mese di aprile)

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